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Il Premio Nobel per la Fisica 2025 spiegato

  1. Il tunnelling quantistico
  2. Teoria BCS e le giunzioni Josephson
  3. Dai condensati macroscopici ai “gatti” di Schrödinger
  4. L’idea di Leggett: il tunnelling quantistico su scala macroscopica
  5. La giunzione Josephson polarizzata in corrente
  6. La prova sperimentale: il gruppo di Berkeley
  7. Dalla scoperta dei “nuclei macroscopici” ai qubit superconduttori
  8. La cQED e i computer quantistici moderni
  9. Verso una nuova ingegneria quantistica

Il Premio Nobel per la Fisica 2025 è stato assegnato a John Clarke, Michel Devoret e John Martinis “per la scoperta del tunnelling quantistico macroscopico e della quantizzazione dell’energia in un circuito elettrico”.
In sostanza la meccanica quantistica, una teoria nata per descrivere il mondo degli atomi e delle particelle, può manifestarsi anche su scala macroscopica.

Il tunnelling quantistico

Tutto inizia nel 1926, con l’equazione d’onda di Schrödinger.
Le sue soluzioni mostrano che una particella può avere una funzione d’onda che si estende anche in regioni dove, secondo la fisica classica, non dovrebbe trovarsi perché l’energia totale è minore del potenziale presente.
In questi casi, la funzione d’onda non si annulla del tutto: decresce esponenzialmente, ma mantiene una piccola ampiezza anche al di là della barriera di potenziale.
Questo significa che esiste una probabilità finita che la particella attraversi la barriera senza possedere l’energia necessaria per farlo classicamente. È il fenomeno del tunnelling quantistico.

La prima grande applicazione fu la spiegazione del decadimento alfa dei nuclei radioattivi.
L’alfa, una particella intrappolata nel nucleo, può “tunnelare” attraverso la barriera di potenziale nucleare e sfuggire, dando luogo al decadimento.
Il tunnelling spiega anche perché i decadimenti radioattivi avvengono in modo probabilistico e perché il tempo di dimezzamento dipende dalla forma della barriera.

Lo stesso fenomeno è fondamentale nel Sole: a quelle temperature, i protoni non avrebbero energia sufficiente per superare la repulsione elettrica (la barriera coulombiana). Tuttavia, grazie al tunnelling, possono fondersi, rendendo possibile la fusione nucleare stellare.

Teoria BCS e le giunzioni Josephson

Negli anni ’50, John Bardeen, Leon Cooper e Robert Schrieffer formularono la teoria BCS della superconduttività, mostrando che gli elettroni possono accoppiarsi in coppie di Cooper.
Queste coppie si comportano come bosoni e possono condensare tutte nello stesso stato quantico, formando una sorta di onda macroscopica di materia descritta da un parametro complesso detto ordine di fase.

Nel 1962, Brian Josephson fece una previsione rivoluzionaria: due superconduttori separati da un sottile strato isolante possono permettere il passaggio di coppie di Cooper senza resistenza, grazie al tunnelling quantistico.
Nasce così la giunzione Josephson, che mostra un effetto di corrente a zero tensione e che diventa la base di strumenti come il SQUID (Superconducting Quantum Interference Device), il magnetometro più sensibile mai costruito.

Dai condensati macroscopici ai “gatti” di Schrödinger

Quando un numero macroscopico di particelle si trova nello stesso stato quantistico, il sistema può essere descritto da una funzione d’onda comune.
Ma la meccanica quantistica permette anche sovrapposizioni di stati macroscopici.
Immaginiamo un condensato di N particelle in due possibili configurazioni: tutte nello stato L (living) o tutte nello stato D (dead).
La funzione d’onda del sistema può essere una sovrapposizione coerente dei due casi:

\Psi \propto \Psi_L(x_1)\Psi_L(x_2)\ldots\Psi_L(x_N) + \Psi_D(x_1)\Psi_D(x_2)\ldots\Psi_D(x_N)

Questa è l’analogia diretta con il celebre gatto di Schrödinger, “vivo e morto contemporaneamente” finché non viene osservato.
Tali stati, detti cat states, sono estremamente fragili: basta un’interazione con l’ambiente per distruggere la coerenza quantistica.

L’idea di Leggett: il tunnelling quantistico su scala macroscopica

Nel 1978, Anthony Leggett propose un’idea innovativa: se si riuscisse a realizzare un sistema macroscopico capace di comportarsi come un singolo oggetto quantistico, si potrebbe osservare un tunnelling quantistico macroscopico (MQT).
I circuiti superconduttori erano i candidati ideali: in essi la resistenza è quasi nulla e l’accoppiamento con l’ambiente è minimo.
In collaborazione con Amir Caldeira, Leggett studiò come la dissipazione influisce sui tassi di tunnelling in tali sistemi, aprendo la strada a esperimenti concreti.

La giunzione Josephson polarizzata in corrente

Un sistema semplice per testare il MQT è una giunzione Josephson attraversata da una corrente costante.
In questo caso, la dinamica del sistema può essere descritta da un’equazione analoga a quella di Newton, dove la variabile dinamica è la differenza di fase \delta fra i due superconduttori.

L’energia potenziale del sistema assume la forma di un potenziale “a lavagna inclinata” (washboard potential):

U(\delta) \propto -[\cos(\delta) + (I/I_0),\delta]

Quando la corrente I è inferiore alla corrente critica I₀, il sistema rimane in una valle del potenziale e la tensione è nulla.
Ma un “particella fittizia” che rappresenta la fase può tunnelare fuori dalla valle, esattamente come una particella quantistica che attraversa una barriera.
La comparsa improvvisa di una tensione misura proprio questa transizione: è il segnale macroscopico del tunnelling.

La prova sperimentale: il gruppo di Berkeley

Negli anni ’80, il gruppo di John Clarke all’Università di Berkeley, con Michel Devoret e John Martinis, costruì un esperimento meticoloso per dimostrare in modo inequivocabile l’esistenza del tunnelling quantistico macroscopico.
Il circuito includeva una catena di filtri con oltre 200 dB di attenuazione su un ampio intervallo di frequenze, per eliminare ogni fonte di rumore.
Inoltre, un canale di controllo a microonde permetteva di stimolare la risonanza del sistema e misurare la frequenza di plasma, cioè l’equivalente quantistico della frequenza di oscillazione del “particella” nel pozzo.

In questo modo i parametri della giunzione (corrente critica, capacità, resistenza) potevano essere determinati indipendentemente, senza usare valori di fit.
Sotto una certa temperatura di crossover (di “incrocio”), le misure mostrarono chiaramente un comportamento indipendente dalla temperatura, segno distintivo del tunnelling quantistico.

Ma il risultato più straordinario fu un altro: gli esperimenti dimostrarono anche che il sistema possedeva livelli energetici quantizzati, come un atomo artificiale.
I ricercatori irradiarono la giunzione con microonde e osservarono transizioni tra livelli discreti, verificando che le energie coincidevano con quelle previste dalla meccanica quantistica.

Era la prima osservazione diretta di stati quantistici discreti in un sistema macroscopico.

Dalla scoperta dei “nuclei macroscopici” ai qubit superconduttori

Clarke e colleghi descrissero il loro circuito come un “nucleo macroscopico con i fili”: un sistema grande abbastanza da essere manipolabile con le dita, ma che obbedisce alle stesse leggi quantistiche che governano gli atomi.
Questa scoperta gettò le basi per un’intera nuova disciplina: la fisica quantistica dei circuiti superconduttori.

Negli anni ’90, gli esperimenti si concentrarono sulla variabile coniugata della fase: la carica.
Da qui nacquero i primi qubit superconduttori, come la scatola a singola coppia di Cooper, che mostrava due stati quantici differenziati da una sola coppia di elettroni.
Nel 1999, un gruppo giapponese (Nakamura, Pashkin e Tsai) osservò le prime oscillazioni coerenti tra i due livelli quantici, segnando l’inizio dell’era del quantum computing superconduttore.

Successivamente, esperimenti basati su giunzioni Josephson dimostrarono oscillazioni di Rabi e altri fenomeni tipici dei sistemi a due livelli controllati, aprendo la strada all’uso dei circuiti superconduttori come qubit artificiali.

La cQED e i computer quantistici moderni

L’evoluzione più importante arrivò con la circuit Quantum Electrodynamics (cQED), cioè un’architettura in cui il qubit superconduttore è accoppiato fortemente a una cavità a microonde.
Questo sistema permette di leggere e manipolare lo stato quantico del qubit in modo non distruttivo e con tempi di coerenza molto più lunghi.

Oggi, la versione più avanzata di questi dispositivi è il qubit transmon, un design insensibile al rumore di carica e utilizzato nei principali progetti di computer quantistici, da Google a IBM.

Verso una nuova ingegneria quantistica

I circuiti superconduttori non sono solo la base dell’informatica quantistica, ma rappresentano a tutti gli effetti una piattaforma di ingegneria quantistica.
Permettono di costruire “atomi artificiali” e di esplorare fenomeni di ottica quantistica in regimi altrimenti irraggiungibili con atomi reali.
Sono stati usati per controllare risonatori meccanici fino al livello di un singolo fonone, per accoppiare sistemi di spin e perfino per realizzare test di entanglement su scala macroscopica, come la violazione senza scappatoie della disuguaglianza di Bell nel 2023.

La scoperta premiata con il Nobel per la Fisica 2025, quindi, segna un punto di svolta nella nostra comprensione della realtà quantistica, perché mostra che il confine tra micro e macro non è una barriera ben definita, ma una questione molto sfumata che ha a che fare con la coerenza e l’isolamento dall’ambiente.

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